Personalità legate al Friuli-Venezia Giulia - Italo SVEVO (1861-1928)


"La salute non analizza se stessa e neppure si guarda allo specchio.
    Solo noi malati sappiamo qualche cosa di noi stessi"

     - La coscienza di Zeno -


Italo Svevo, pseudonimo di Aron Hector Schmitz, (Trieste, 19 dicembre 1861 – Motta di Livenza TV, 13 settembre 1928), è stato uno scrittore e drammaturgo italiano.

Fu autore di romanzi, racconti brevi e opere teatrali in lingua italiana.


Svevo
Fonte immagine: Wikimedia Commons


Biografia

Nato Aron Hector Schmitz a Trieste, nell'allora Impero austro-ungarico, la notte tra il 19 e il 20 dicembre 1861 da un'agiata famiglia ebraica (padre tedesco, Franz, commerciante, e madre italiana, Allegra Moravia), cambiò in seguito il suo nome in Ettore Schmitz e a seguire lo italianizzò definitivamente in Ettore Samigli a seguito dell'annessione all'Italia della Venezia Giulia. Con tale ultimo nome pubblicò i suoi primi lavori.

Nel 1874, viene mandato dal padre a vivere e a studiare, assieme ai due fratelli Adolfo ed Elio, al collegio di Segnitz, in Baviera, dove studia il tedesco e altre materie utili per l'attività commerciale. La sua formazione avviene quindi in un ambiente linguistico prettamente tedesco (benché egli parli correntemente l'italiano sin da bambino), elemento che influenzerà profondamente il suo stile letterario (portandolo a caratteristiche forzature stilistiche, spesso criticate da taluni esponenti dell'ambiente letterario italiano). La biculturalità sarà un elemento importante nella vita dello scrittore, che egli tuttavia (a differenza di molti letterati risorgimentali) non vivrà mai in modo conflittuale o doloroso, ma sempre in armonia, sottolineando anzi la propria doppia culturalità nella scelta dello pseudonimo Italo Svevo.

Nel 1878 tornò a Trieste e finisce il suo percorso di studi commerciali all'Istituto Pasquale Revoltella. Pur dedicandosi agli studi commerciali, coltivò un profondo interesse per la cultura letteraria leggendo prima i classici tedeschi e successivamente i classici italiani. Nel 1880, con il fallimento dell'azienda paterna, iniziò a lavorare presso la filiale cittadina della Banca Union di Vienna, impiego che, sebbene mai amato, manterrà per diciotto anni. Nello stesso periodo iniziò la collaborazione con L'Indipendente, giornale di ampie vedute socialiste per il quale scrisse 25 recensioni e saggi teatrali e letterari. Riuscì anche a far pubblicare, rispettivamente nel 1888 e nel 1890, i suoi racconti Una lotta e L'assassinio di via Belpoggio, scritti in lingua italiana sotto lo pseudonimo Ettore Samigli, cui seguirono un secondo racconto ed un monologo teatrale.

Intanto nel 1886 morì il fratello Elio, ed Ettore cominciò a scrivere commedie e (i primi abbozzi già dal 1887) un romanzo. Nel 1892, anno in cui morì suo padre, avvenne la pubblicazione di questo primo romanzo Una vita, firmato con il definitivo pseudonimo Italo Svevo; l'opera venne sostanzialmente ignorata dalla critica e dal pubblico. In quell'anno ebbe una relazione con la popolana Giuseppina Zergol, che ispirò poi il personaggio di Angiolina in Senilità.

Dopo alcune collaborazioni con il giornale Il Piccolo e una cattedra all'Istituto Revoltella, nel 1895 morì la madre, e un anno dopo, nel 1896 si fidanzerò con la cugina, Livia Veneziani, figlia di un commerciante di vernici sottomarine cattolico, che sposò nel 1896 con rito civile, e nel 1897, dopo aver abiurato la religione ebraica ed essersi convertito, con matrimonio religioso. Dalla donna ebbe una figlia, Letizia, che avrà una vita molto lunga (1897-1993), ma anche caratterizzata da molti lutti e tragedie. Il matrimonio segnò una svolta fondamentale nella vita di Svevo: in primo luogo l'«inetto» trova finalmente un terreno solido su cui poggiare e di conseguenza può arrivare a coincidere con quella figura virile che sembrava irraggiungibile, il pater familias.

Nel 1898 pubblicò il secondo romanzo, Senilità; anche quest'opera passò però quasi sotto silenzio. Questo insuccesso letterario lo spinse quasi ad abbandonare del tutto la letteratura. Dimessosi dalla banca, nel 1899 Svevo entra nell'azienda del suocero, accantonando la sua attività letteraria, che diventa marginale e segreta. Costretto per lavoro a viaggi all'estero, dove si porta un violino senza riuscire a esercitarsi che raramente, ha tuttavia ancora qualche voglia di scrivere e si trova a comporre qualche pagina teatrale e alcune favole.


C'era una volta...
Foto del gruppo fb TRIESTE CHE NON C'E' PIU'


Frequentando un corso d'inglese alla Berlitz School di Trieste nel 1907, conobbe lo scrittore irlandese James Joyce (1882-1941), suo insegnante. James Joyce (1882-1941) lo incoraggiò a scrivere un nuovo romanzo e, intorno al 1910, grazie al cognato Bruno Veneziani che su consiglio di Edoardo Weiss (1889-1970) si recò a Vienna a di farsi curare da Sigmund Freud, entrò in contatto con la psicoanalisi freudiana (per parte sua Svevo nel 1911 conobbe e frequentò Wilhelm Stekel, allievo di Freud che si stava occupando del rapporto tra poesia e inconscio): entrambi gli eventi influenzeranno la successiva produzione letteraria.

Allo scoppio della Prima guerra mondiale, l'azienda nella quale lavora viene chiusa dalle autorità austriache (il suocero morirà nel 1921), James Joyce (1882-1941) si allontanò e tornò a Trieste solo nel 1919, per poi recarsi definitivamente a Parigi, dove Italo Svevo (1861-1928) lo andrà a trovare più volte.

Durante tutta la durata della guerra lo scrittore rimase nella città natale, mantenendo la cittadinanza austriaca ma cercando di restare il più possibile neutrale di fronte al conflitto. In questo periodo approfondì la conoscenza della letteratura inglese; interessandosi alla psicoanalisi e traducendo La scienza dei sogni di Sigmund Freud, che influenzerà notevolmente la sua opera successiva. In seguito accettò di buon grado l'occupazione italiana della città e, dopo la guerra, con il definitivo passaggio di Trieste al Regno d'Italia, collaborò al primo importante giornale triestino italiano, La Nazione, fondato dall'amico Giulio Cesari.

Nel 1919 collaborò con il giornale La Nazione, e iniziò a scrivere La coscienza di Zeno, poi pubblicata nel 1923, ancora senza successo, fino al 1925, quando l'amico James Joyce (1882-1941) la propose ad alcuni critici francesi, in particolare a Valéry Larbaud che ne scrisse sulla «NRF», e a Benjamin Crémieux, mentre in Italia, Eugenio Montale, in anticipo su tutti, ne affermò la grandezza: scoppiò così il "caso Svevo", una vivace discussione attorno allo scritto su Zeno.

Tra i primi estimatori sono da ricordare anche Sergio Solmi, Giuseppe Prezzolini e Anton Giulio Bragaglia. Nel 1926 la rivista francese Le navire d'argent gli dedicò un intero fascicolo, nel 1927 tenne una famosa conferenza su James Joyce (1882-1941)  a Milano, e nel marzo 1928 venne festeggiato a Parigi tra altri noti scrittori, tra cui Isaak Ėmmanuilovič Babel'.

Il 13 settembre 1928 mentre tornava con la famiglia da un periodo di cure termali a Bormio, Svevo venne coinvolto in un incidente stradale, in cui rimase gravemente ferito. Venne dichiarato morto al ricovero nell'ospedale di Motta di Livenza. Il quarto romanzo, Il vecchione o Le confessioni del vegliardo, una continuazione de La coscienza di Zeno, rimarrà incompiuto.


Il secondo romanzo: Senilità

Nel 1898 appare sull'Indipendente a puntate il suo secondo romanzo Senilità che verrà pubblicato, sempre a spese dell'autore, nello stesso anno ma non otterrà alcun successo. L'ultima edizione, sempre rivista dall'autore, è del 1927. Il titolo ha significato metaforico: appunto 'senilità' indica l'incapacità di agire che è propria degli anziani, ma nel romanzo qualifica tale quella del protagonista che è abbastanza giovane.


Breve sintesi del romanzo

Emilio Brentani, 35 anni, è conosciuto a livello cittadino per aver scritto un romanzo, e lavora come impiegato in una compagnia di assicurazioni. Vive un'esistenza grigia e monotona in un appartamento con la sorella Amalia, che lo accudisce. Emilio conosce Angiolina, di cui si innamora, e ciò lo porta a trascurare la sorella e l'amico Stefano Balli, scultore, che compensa i pochi riconoscimenti artistici con i successi con le donne. Stefano non crede nell'amore, e cerca di convincere Emilio a 'divertirsi' con Angiolina, che è conosciuta in città con una pessima fama. Emilio dimostra invece tutto il suo amore nei confronti di questa donna, arrivando anche a trascurare gli indizi degli amici che cercano di avvertirlo dei suoi numerosi tradimenti. Stefano comincia a frequentare casa Brentani con maggiore assiduità, e Amalia finisce per innamorarsene. Emilio, geloso della sorella, allontana Stefano, e Amalia, tornata triste e malinconica, comincia a stordirsi con l'etere, finché non si ammala di polmonite. Emilio segue la sorella malata, ma col pensiero sempre rivolto ad Angiolina, arrivando anche ad abbandonare la sorella più volte per andare ad un appuntamento con l'amata. Dopo la morte della sorella Amalia, Emilio smette di frequentare Angiolina, pur amandola, e si allontana da Stefano Balli. Viene poi a sapere che Angiolina è fuggita con il cassiere di una Banca. Anni dopo, nel ricordo, Emilio vede le due donne fuse in una singola persona, con l'aspetto dell'amata e il carattere della sorella.


Il ritorno al lavoro

Deluso dall'insuccesso letterario decide di dedicarsi esclusivamente al commercio e diventa curatore di affari nel colorificio Veneziani che appartiene al suocero Gioacchino.

Per motivi d'affari legati al colorificio dove lavora, negli anni tra il 1899 e il 1912, Svevo deve intraprendere diversi viaggi all'estero e sembra aver completamente dimenticato la sua passione letteraria. In realtà egli continua a scrivere e certamente a questo periodo risalgono le opere Un marito, Le avventure di Maria e una decina di racconti.


Il periodo bellico e la ripresa letteraria

Nel 1915, allo scoppiare della Prima guerra mondiale, la famiglia abbandona Trieste e Svevo rimane da solo a dirigere il colorificio che però verrà chiuso qualche anno dopo.

Senza più l'attività lavorativa, egli riprende i suoi studi letterari e intraprende la lettura degli autori inglesi interessandosi inoltre al metodo terapeutico di Freud del quale, in collaborazione con un nipote medico, traduce Über den Traum che è una sintesi del Significato dei sogni.


Il terzo romanzo: La coscienza di Zeno

Nel 1919 inizia a scrivere il suo terzo romanzo, La coscienza di Zeno, che pubblicherà nel 1923 presso l'editore Cappelli di Bologna.

Joyce che legge il romanzo e lo apprezza, consiglia all'amico di inviarlo a certi critici francesi che dedicheranno, nel 1926, a La coscienza di Zeno e agli altri due romanzi la maggior parte del fascicolo della rivista Le navire d'argent. Ma intanto anche in Italia, qualcosa si smuove e sulla rivista milanese L'esame esce, nel 1925, un intervento di Eugenio Montale intitolato Omaggio a Italo Svevo.


L'opera

L'opera riassume l'esperienza umana di Zeno, il quale racconta la propria vita in modo così ironicamente disincantato e distaccato che l'esistenza gli appare tragica e insieme comica. Zeno ha maturato delle convinzioni (la vita è lotta; l'inettitudine non è più un destino individuale, come sembrava ad Alfonso o a Emilio, ma è un fatto universale; la vita è una 'malattia'; la nostra coscienza un gioco comico e assurdo di autoinganni più o meno consapevoli) e in forza di tali assunti il protagonista acquista quella saggezza necessaria per vedere la vita umana come una brillante commedia e per comprendere che l'unico mezzo per essere sani è la persuasione di esserlo. Essa è caratterizzata da un'architettura particolare: il romanzo, nel senso tradizionale non c'è più; subentra il diario, in cui la narrazione si svolge in prima persona e non presenta una gerarchia nei fatti narrati, a ulteriore conferma della frantumazione dell'identità del personaggio narrante. Il protagonista, infatti, non è più una figura a tutto tondo, un carattere, ma è una coscienza che si costruisce attraverso il ricordo, ovvero di Zeno esiste solo ciò che egli intende ricostruire attraverso la sua coscienza.


Breve sintesi del romanzo

II romanzo si apre con la Prefazione, lo psicoanalista Dottor S. induce il paziente Zeno Cosini, vecchio commerciante triestino, a scrivere un'autobiografia come contributo al lavoro psicoanalitico. Poiché il paziente si è sottratto alle cure prima del previsto, il dottore per vendicarsi pubblica il manoscritto.

Nel preambolo Zeno racconta il suo accostamento alla psicoanalisi e l'impegno di scrivere il suo memoriale, raccolto intorno ad alcuni temi ed episodi.

Il fumo racconta dei vari tentativi attuati dal protagonista per guarire dal vizio del fumo, che rappresenta la debolezza della sua volontà.

In La morte di mio padre è raccontato il difficile rapporto di Zeno con il padre, che culmina nello schiaffo dato dal genitore morente al figlio.

In La storia del mio matrimonio Zeno si presenta alla ricerca di una moglie. Frequenta casa Malfenti e si innamora della più bella tra le quattro figlie del padrone di casa, Ada; dopo essere stato respinto, cerca invano di conquistare la mano di un'altra Malfenti, Alberta. Costei tuttavia non si sente pronta al matrimonio e preferirebbe dedicarsi solamente allo studio. A questo punto Zeno si dichiara a un'altra delle ragazze, la materna e comprensiva Augusta, che gli concede il suo amore pur sapendo di non essere la prima scelta.

Nel capitolo La moglie e l'amante, Zeno rievoca la relazione con Carla; egli non sa decidersi fra l'amore per la moglie e quello per l'amante finché è quest'ultima a troncare il rapporto.




Audiolibro La Coscienza di Zeno - Parte 1-23


Il capitolo Storia di un'associazione commerciale è incentrato sull'impresa economica di Zeno e del cognato Guido. Sull'orlo del fallimento, Guido inscena un suicidio per impietosire i familiari e farsi concedere prestiti, ma muore sul serio. Ada per il dolore della perdita del marito e resa, inoltre, non desiderabile a causa di una malattia (Morbo di Basedow) abbandona Trieste, accusando Zeno di aver odiato il marito e di essergli stato accanto, assiduo, in attesa di poterlo colpire.

Qui terminano i capitoli del memoriale. Zeno, abbandonato lo psicoanalista, scrive un altro capitolo, intitolato Psico-analisi. Egli spiega i motivi dell'abbandono della cura e proclama la propria guarigione. Il protagonista indica l'idea che lo ha liberato dalla malattia: 'La vita attuale è inquinata alle radici'; in definitiva la capacità di convivere con la propria malattia è come una persuasione di salute.

Il finale è duplice: il primo comporta la dichiarazione di Zeno di essere 'guarito' perché è un uomo ricco e di successo (conclusione a lieto fine). Il secondo è contenuto nelle due pagine conclusive del romanzo e sembra non avere un collegamento con il personaggio 'Zeno'. Pertanto ci si affida a delle interpretazioni. Due sono quelle ricorrenti: Il mondo sarà distrutto da una 'deflagrazione universale': un esplosivo collocato al centro della terra. Esso verrà fatto esplodere. Sarebbe il simbolo dell'impossibilità di risolvere il problema esistenziale dell'uomo. Una seconda interpretazione sarebbe di tipo socio-politico, di impronta marxiana: quel mondo è la classe borghese che cadrà su se stessa.


Gli ultimi anni

Svevo intanto lavora a una serie di novelle e ad un quarto romanzo, Il Vecchione o Le confessioni di un vegliardo, quando il 12 settembre 1928 ebbe un incidente in automobile, con l'autista, la moglie e il nipote, lungo la via Postumia vicino a Motta di Livenza.

Morì in seguito a una crisi cardiaca il giorno dopo.

Le opere e gli abbozzi intrapresi vennero pubblicati solamente postumi.


Intitolazioni e riconoscimenti

Ad Italo Svevo è dedicato un busto nel Giardino Pubblico M. Tommasini di Trieste.




Giardino Pubblico M. Tommasini di Trieste


CURIOSITA'

Cinema
Ben due romanzi di Svevo vennero trasformati in film:

Senilità (1962) del regista Mauro Bolognini
La coscienza di Zeno nel 1966 dei registi Ivo Chiesa e Luigi Squarzina e nel 1988 del regista Sandro Bolchi.

Filatelia
Il 28 ottobre 2011 la Repubblica Italiana ha emesso un francobollo per il 150° anniversario della nascita di Italo Svevo.

Itinerari
Percorso Italo Svevo: i luoghi di Svevo a Trieste

Fonte: wikipedia