Scoprire il Friuli-Venezia Giulia - L'espressione triestina "andare al bagno"


Nei secoli scorsi le poche zone nelle quali a Trieste era possibile fare il bagno venivano segnalate da un apposito cartello con la scritta "Luogo di pubblici bagni".

Era invece vietato al di fuori di queste zone, ad esempio tra i lazzaretti, come leggiamo in un "Avviso" che risale al 7 giugno 1809, firmato dal Cavalier Ignazio de Capuano, Preside del Magistrato: "Chiunque verrà trovato a nuotare nudo fra un Lazzaretto e l'altro sarà immancabilmente arrestato e punito, ed in quanto a' ragazzi, gastigati verranno anche con vergate". La zona indicata era proprio quella fra il Lazzaretto Vecchio, quello di San Carlo, che sorgeva dove oggi si trova il museo del Mare, e il Lazzaretto Nuovo di Maria Teresa, nella zona di Roiano.





A causa dell'esiguo numero di zone adatte alla balneazione, nei primi decenni dell'Ottocento a Trieste sul tratto di mare di fronte alla città cominciarono a sorgere diversi "bagni", ovvero piattaforme galleggianti collegate alla terraferma da ponti e fissate con delle ancore.

Da qui nasce l'espressione "andare al bagno", ancora oggi largamente in uso, che indica andare allo stabilimento balneare o, più genericamente, andare al mare.

Diversi sono stati i "bagni" nella città di Trieste, alcuni tutt'ora esistenti. Tra questi ricordiamo il Soglio di Nettuno, il bagno Boscaglia, il bagno Maria, il Bagno Fontana, il Bagno Ausonia, il bagno Fortuna e il bagno la Lanterna, detto el Pedocin.

Nessun commento: