Racconta la leggenda che Giusto, vissuto sotto gli imperatori Diocleziano e Massimiano nella
città di Aquileia, fosse noto in città per le sue opere ed elemosine.
Denunciato per empietà (sacrilegium) da alcuni suoi concittadini, Giusto fu convocato nello studio privato del magistrato (consistorium), poiché, secondo la legge di Roma, il giudice doveva verificare di persona l'accusa. Giusto venne invitato a sacrificare agli dèi romani, ma a questo invito egli oppose un fermo rifiuto.
Osservando scrupolosamente le procedure, il magistrato Mannaccio mandò Giusto in carcere per una pausa di riflessione.
Il giorno seguente Giusto, nuovamente esortato a sacrificare, rifiutò; venne quindi fustigato e, poiché persisteva nel suo rifiuto, condannato alla morte per annegamento in mare, a Trieste.
I soldati gli legarono mani e piedi con una fune, alla quale vennero assicurati dei pesi di piombo, lo fecero salire su una barca e lo portarono al largo dell'odierno promontorio di Sant'Andrea. Poi lo gettarono in acqua.
Appena il corpo di Giusto toccò il fondo, le corde si sciolsero e il corpo senza vita di Giusto venne trasportato dalle onde fino all'odierna Riva Grumula.
Durante la notte Sebastiano, un presbitero, ebbe una visione nella quale Giusto lo invitava ad andare sulla
riva a recuperare il suo corpo per poter dargli una sepoltura degna.
Assieme ad un gruppo di fedeli, Sebastiano andò a cercare il corpo e, trovatolo, lo seppellì di nascosto in un cimitero non lontano dalla riva.
Denunciato per empietà (sacrilegium) da alcuni suoi concittadini, Giusto fu convocato nello studio privato del magistrato (consistorium), poiché, secondo la legge di Roma, il giudice doveva verificare di persona l'accusa. Giusto venne invitato a sacrificare agli dèi romani, ma a questo invito egli oppose un fermo rifiuto.
Osservando scrupolosamente le procedure, il magistrato Mannaccio mandò Giusto in carcere per una pausa di riflessione.
Il giorno seguente Giusto, nuovamente esortato a sacrificare, rifiutò; venne quindi fustigato e, poiché persisteva nel suo rifiuto, condannato alla morte per annegamento in mare, a Trieste.
I soldati gli legarono mani e piedi con una fune, alla quale vennero assicurati dei pesi di piombo, lo fecero salire su una barca e lo portarono al largo dell'odierno promontorio di Sant'Andrea. Poi lo gettarono in acqua.
Appena il corpo di Giusto toccò il fondo, le corde si sciolsero e il corpo senza vita di Giusto venne trasportato dalle onde fino all'odierna Riva Grumula.
Durante la notte Sebastiano, un presbitero,
Assieme ad un gruppo di fedeli, Sebastiano andò a cercare il corpo e, trovatolo, lo seppellì di nascosto in un cimitero non lontano dalla riva.
Nel V secolo le reliquie del santo furono trasferite sul
colle di San Giusto, nella cattedrale a lui intitolata.
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