Il Cimitero degli Invitti, o Parco della Rimambranza, è un cimitero militare situato sul Colle Sant'Elia, a Redipuglia, frazione del comune di Fogliano Redipuglia, in provincia di Gorizia.
Costruito negli anni Venti come primo Sacrario militare monumentale dopo la fine della Prima guerra mondiale, venne quasi del tutto spogliato delle sue funzioni con l'inaugurazione del più celebre Sacrario militare di Redipuglia, nel 1938.
Storia
Il Sacrario venne ideato dal Generale Giuseppe Paolini (1861-1924) e progettato dal Colonnello Vincenzo Paladini dell'Ufficio COSCG (Cura e Onoranze delle Salme dei Caduti in Guerra), con sede a Udine.
La consacrazione ebbe luogo nella simbolica data del 24 maggio 1923 di quell'anno, a ricordo della data d'inizio della Prima guerra mondiale da parte dell'Italia, e venne officiata dal Vescovo Angelo Bartolomasi (1869-1959), alla presenza di Benito Mussolini (1883-1945).
Il complesso, all'inaugurazione, raccoglieva 30.000 salme, delle quali oltre 400 di ufficiali, riesumate dai cimiteri di guerra dei dintorni o disseppellite di recente dal campo di battaglia.
La struttura funeraria del Colle Sant'Elia, però, per la sua
stessa conformazione era esposta al deterioramento. Le spoglie, i cimeli, i
residuati bellici subivano l'offesa delle intemperie. Per ovviare ai danni
meteorologici, agli inizi degli anni Trenta il cimitero fu al centro di importanti
lavori, all'interno di un progetto di ristrutturazione: ad esempio, i muri a
secco vennero sostituiti da solide costruzioni in pietra, le salme
riconosciute vennero deposte in cassette di eternit e i nomi vennero scolpiti per evitare scolorimenti.
Si trattava però di soluzioni provvisorie, in un periodo in cui nuove esigenze si accavallavano. Ad esempio, si sentiva la necessità di disciplinare la questione dei numerosi cimiteri ai piedi del Carso, sul Vallone o sull'altipiano, nati davvero ovunque nel decennio precedente, traslando tutte le salme in un unico, enorme ossario.
Fattore di non minore importanza, il regime fascista intendeva utilizzare il culto dei morti della Prima guerra mondiale ai fini dell'educazione nazionale.
L'intenzione delle autorità fasciste era di trasformare Redipuglia nel centro nazionale della necrolatria bellica, ancor più degli altri grandi Sacrari che si stavano allestendo o pianificando, sulla base della stessa progettualità politica, sui campi di battaglia "sacri alla Patria".
Si trattava però di soluzioni provvisorie, in un periodo in cui nuove esigenze si accavallavano. Ad esempio, si sentiva la necessità di disciplinare la questione dei numerosi cimiteri ai piedi del Carso, sul Vallone o sull'altipiano, nati davvero ovunque nel decennio precedente, traslando tutte le salme in un unico, enorme ossario.
Fattore di non minore importanza, il regime fascista intendeva utilizzare il culto dei morti della Prima guerra mondiale ai fini dell'educazione nazionale.
L'intenzione delle autorità fasciste era di trasformare Redipuglia nel centro nazionale della necrolatria bellica, ancor più degli altri grandi Sacrari che si stavano allestendo o pianificando, sulla base della stessa progettualità politica, sui campi di battaglia "sacri alla Patria".
Soluzione definitiva diventò la costruzione dell'enorme Sacrario militare di Redipuglia, iniziato nel 1936 e terminato due anni dopo
sull'altura antistante, il Colle Sant'Elia. La quasi totalità delle salme
conservate nel Cimitero degli Invitti viene trasferita qui e il Sacrario perde
notevolmente di importanza.
Struttura
L'altura situata di fronte all'altipiano carsico, il Colle Sant'Elia, era stata praticamente scolpita con la creazione di sette balze concentriche, come allusione ai gironi del Purgatorio dantesco, il cui sviluppo raggiungeva una lunghezza lineare di 22 chilometri. Le varie balze erano intervallate da vialoni, anch'essi discendenti a raggera.
Fotografia del Cimitero degli Invitti sul Colle Sant'Elia (Museo del Sacrario militare di Redipuglia) |
La sommità del poggio, livellata a formare un ampio piazzale, aveva al centro un obelisco a forma di faro, la cui base era una Cappella.
Le sepolture erano collocate nella struttura paesaggistica in una maniera tale da riproporre, pur nella serialità e nell'ordine di un complesso cimiteriale, la casualità della morte.
A questo si aggiungevano una certa quantità di cimeli, oggetti personali, suppellettili, parti di armi, proiettili, il tutto confuso tra intrichi di filo spinato e
reticolati. Vi era, a questo riguardo, una contiguità semantica con i tumuli
spontanei propri dei cimiteri improvvisati del periodo di guerra: i soldati
onoravano la memoria dei commilitoni con cumuli di pietre sovrastati da croci
costruite con bossoli, filo spinato ed altri reperti.
Anche le targhe e le epigrafi sulle tombe volevano ricordare, attraverso i versi dovuti in gran parte all'inventiva del Maggiore Giannino Antona Traversi (1860-1939), vero curatore del Cimitero, il vissuto bellico più modesto, le funzioni più umili, l'oggettistica apparentemente più dimessa, lo sforzo umano e materiale per la vittoria.
Anche le targhe e le epigrafi sulle tombe volevano ricordare, attraverso i versi dovuti in gran parte all'inventiva del Maggiore Giannino Antona Traversi (1860-1939), vero curatore del Cimitero, il vissuto bellico più modesto, le funzioni più umili, l'oggettistica apparentemente più dimessa, lo sforzo umano e materiale per la vittoria.
Fonte: wikipedia
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