Storia del Friuli-Venezia Giulia - 1930 e 1941: il Primo e il Secondo Processo di Trieste


Con l'avvento del Fascismonella Venezia Giulia iniziò una politica di snazionalizzazione delle minoranze cosiddette allogene, ovvero slovena e croata, presenti nelle zone divenute italiane dopo la Prima guerra mondiale.

A partire dalla metà degli anni Venti si diede l'avvio all'italianizzazione dei toponimi e dei cognomi.


C'era una volta...
A. Pizzagalli - Per l'italianità dei cognomi nella provincia di Trieste
Ed. Treves-Zanichelli - 1929-VII
Foto del gruppo fb TRIESTE DI IERI E OGGI


Venne, inoltre, bandito da tutte le scuole pubbliche di ogni ordine e grado l'insegnamento nelle lingue slave e vennero sciolte tutte le organizzazioni economiche, le associazioni culturali e professionali slovene.

Questa politica, che aveva come finalità l'assimilazione dei gruppi etnici minoritari alla cultura e lingua italiana, unitamente alle azioni antislave degli squadristi ebbero gravissime ripercussioni.

Le organizzazioni indipendentiste e terroriste slovene, tra cui il TIGR, acronimo di Trst/Trieste, Istra/Istria, Gorica/Gorizia, Rijeka/Fiume, dalle iniziali delle città e dei territori rivendicati, e la Borba (cioè Lotta), attiva dall'autunno 1927 nelle province di Trieste e Pola e collegata alla TIGR della provincia di Goriziareagirono agli assassinii perpetrati dai fascisti con altrettanta brutalità: bersagli principali degli attacchi furono sloveni ritenuti collaboratori del Regime Fascista, pattuglie squadriste, caserme e numerose scuole e asili italiani.






Nel 1930 a Trieste vi furono due attentati ad opera del TIGR: l'atto dimostrativo che danneggiò il Faro della Vittoria (5 gennaio 1930) e l'attentato contro il quotidiano fascista Il Popolo di Trieste, che aveva sede nell'attuale Piazza Benco.

Verso le 22:30 del 10 febbraio 1930 venne realizzato un attentato dinamitardo nell'edificio dove si trovavano redazione, direzione e tipografia de Il Popolo di Triestel'organo locale del Partito Nazionale Fascista, che sosteneva con forza la necessità di snazionalizzazione degli allogeni.

Oltre alla morte del redattore Guido Neri, l'attentato causò anche il ferimento di un altro redattore, Giuseppe Missori, del tipografo Dante Apollonio e del cursore Marcello Bolle.

Nel luogo dell'attentato vennero ritrovati un libello nel quale si rivendicava l'attentato al "faro della falsa vittoria" di Trieste del 5 gennaio e un numero del giornale antifascista italiano Giustizia e libertà, movimento con il quale il TIGR collaborava: un articolo del novembre 1929, riportava la frase di Benito Mussolini (1883-1945), pronunciata quando era ancora socialista "Convengo senza discussione che le bombe non possono costituire, in tempi normali, un mezzo d'azione socialista. Ma quando un governo, sia repubblicano, sia monarchico, vi perseguita o vi getta fuori dalla legge e dall'umanità, oh!, allora non bisognerebbe maledire la violenza che risponde alla violenza, anche se fa vittime innocenti".

Dopo gli attentati, una vasta operazione di polizia portò all'arresto di quasi tutti gli esponenti del TIGR e nel settembre 1930 vienne celebrato un maxi processo: gli accusati vennero processati dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, trasferito appositamente da Roma a Trieste.

Il processo, passato alla storia come il Primo Processo di Trieste, (1°-5 settembre 1930), si concluse con la condanna a morte di quattro giovani tra i 22 e i 34 anni e la condanna ad oltre 15 anni di reclusione per altri cinque imputati.

Alle 5:44 del 6 settembre 1930, Ferdo Bidovec, Fran Marušič, Zvonimir Miloš e Alojzij Valenčič vennero portati nell'allora poligono militare di tiro di Basovizza e fucilati alle spalle da un plotone di esecuzione della 58.a Legione della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN).

Nel decennio che precedette la Seconda guerra mondiale, i quattro esponenti del TIGR fucilati a Basovizza, divennero un simbolo dell'antifascismo sloveno con il nome di Eroi di Basovizza.

Le condanne a morte emesse, che avevano la finalità di esprimere un forte monito alla Resistenza, sortirono però un effetto contrario a quello atteso dalle autorità fasciste, tanto che nel dicembre 1941 il Tribunale Speciale si trasferì nuovamente a Trieste. A seguito del Secondo Processo di Trieste, vennero pronunciate nove condanne a morte, di cui cinque eseguite, 23 condanne a trent'anni di carcere ed altre pene minori per un totale di 666 anni di reclusione.

Il 15 dicembre 1941 al poligono di tiro di Opicina vennero fucilati gli anti fascisti Viktor Bobek, Simon Kos, Ivan Ivančič, Pinko Tomažič e Ivan Vadnal.



La targa all'ingresso del poligono di tiro di Opicina
in ricordo degli antifascisti fucilati (
15 dicembre 1941)

Grobovi bazoviških žrtev pri sv. Ani v Trstu
Tombe dei quattro attivisti del TIGR
e del militante comunista,
condannati a morte
dopo il Secondo Processo di Trieste
(15 dicembre 1941)
fotografia aerea -
(di sconosciuto - Digital Library of Slovenia)
Fonte immagine: Wikimedia Commons


Monumento ai "fucilati di Basovizza"


Bazovica 0105
Il monumento agli eroi di Basovizza
(di MZaplotnik - Opera propria)
Fonte immagine: Wikimedia Commons


Subito dopo la Liberazione e la caduta del Fascismo e del Nazismo, a Basovizza, nei pressi dell'Osservatorio Astronomico, è stato innalzato un monumento per ricordare i quattro antifascisti, voluto dalle locali associazioni slovene e inaugurato il 9 settembre 1945.

Fonte: wikipedia

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