Leonor Fini (Buenos Aires, 30 agosto 1907 – Parigi, 18 gennaio 1996) è stata una pittrice, scenografa, costumista, scrittrice, illustratrice e disegnatrice argentina, di origine italiana.
Biografia
Un talento precoce
Leonor Fini nacque da padre
argentino di origini beneventane e madre triestina di origini tedesche. In seguito
alla separazione, madre e figlia rientrarono a Trieste nel 1909 ospiti dello
zio Ernesto Braun. La bambina, soprannominata Lolò, fu al centro di una strenua
lotta tra i genitori, e il padre, pur di ricondurla a sé e di portarla in
Argentina, tentò in tutti i modi di riprendersela, sino a giungere a un
tentativo di rapimento. La madre, Malvina Braun, occultò la bambina
adottando la tecnica del travestimento: Leonor Fini in futuro adotterà
spesso, anch'essa, questo stratagemma per scandalizzare gli abitanti dei
paesini del Carso sloveno o per divertire amici e colleghi.
Cresciuta nella
stimolante atmosfera della Trieste del Ventennio, dove si contavano numerose le
figure di letterati di livello internazionale, come Italo Svevo (1861-1928), Umberto Saba (1883-1957), Roberto Bobi Bazlen (1902-1965) e di
artisti, la Fini fu sostanzialmente una pittrice autodidatta che frequentò
assiduamente gli atelier dei pittori più noti di quegli anni. Strinse una
solida amicizia con Arturo Nàthan (1891-1944), con Carlo Sbisà, ma il pittore che più si
avvicinò al ruolo di maestro fu Edmondo Passauro, ritrattista e pittore di
figura che segnò la pittura finiana almeno sino al suo passaggio parigino.
Vocazione e cosmopolitismo
Gli anni triestini sono dominati
proprio da questo forte debito nei confronti dei protagonisti della pittura
locale, da cui si affrancò dopo aver conosciuto il suo mentore milanese Achille
Funi. Dopo essersi legata sentimentalmente al pittore di origini ferraresi, la
giovane Leonor lascerà Trieste per trasferirsi a Milano, dove entrerà in
contatto con il frizzante ambiente artistico meneghino e dove lascerà
testimonianza di sé nel mosaico rappresentante La cavalcata delle Amazzoni nel
Palazzo della Triennale realizzato a quattro mani con lo stesso Achille Funi.
Alla soglia degli anni trenta Leonor Fini decise di varcare le Alpi per
trasferirsi a Parigi, città che diverrà, seppur tra continui viaggi e tappe
intermedie, la sua patria adottiva. Qui, entrata in contatto con i massimi
esponenti della pittura e della letteratura surrealista, da André Breton a
Salvador Dalí, da Paul Éluard a Max Ernst, conobbe anche il fotografo Henri
Cartier-Bresson che la presentò al suo amore dei primi anni parigini,
quell'André Pieyre de Mandiargues che sarà il protagonista maschile di tanti
suoi ritratti legati alla prima metà degli anni trenta. Con Max Ernst, che la
definì 'la furia italiana a Parigi' intraprese un viaggio a New York,
ove i due esposero presso la Galleria Levy e dove venne introdotta
nell'ambiente del Moma allora diretto dal mitico Alfred Barr.
C'era una volta...
Archiviata la storia d'amore con
de Mandiargues, che a breve sposerà la nipote del pittore Filippo de Pisis, la
pittrice triestina si legò in matrimonio con Federico Veneziani per poi
separarsi a breve nel 1941. In uno dei suoi viaggi nel Principato di Monaco,
durante una prima teatrale conobbe il console Stanislao Lepri che, innamoratosi
follemente dell'artista, decise di lasciare la sua professione per dedicarsi
anch'egli alla pittura. Ben presto la neonata coppia si trasformò in un trio:
il nuovo sodalizio, cui entrò a far parte un intellettuale polacco di nome
Kostantin Yelensky, chiamato dalla Fini affettuosamente Kot, resterà un esempio
tangibile di triangolo amoroso basato sulle forti personalità dei suoi vertici
e su una originale ma sicura fedeltà: il loro rapporto si interruppe infatti
solo nel 1980, dopo trentasette anni di convivenza, causa la morte di Lepri.
Uno stile personalissimo
I tardi anni Trenta e gli anni
Quaranta sono costellati da una cavalcata di dipinti di stampo surrealista (dal
famosissimo Le bout du monde alla Pastorella delle sfingi, acquistato da Peggy
Guggenheim e chiara testimonianza dell'amore della pittrice per la duplicità,
l'ibrido, il doppio) sino ad arrivare a citazioni colte di pittori del Quattro
e del Cinquecento italiano (per esempio L'alcove del 1942, chiaro rimando alla Danae di Tiziano Vecellio, o La Grande Racine del 1948 ispirata alle
composizioni del pittore milanese Arcimboldo).
In seguito allo scoppio del
Seconda guerra mondiale, ritiratasi brevemente nel Nord della Francia ospite
di Salvador Dalí, decise di lasciare Parigi per rientrare in Italia, e a Roma
divenne la protagonista della ritrattistica ufficiale del bel mondo capitolino.
Alternò a questo momento cittadino, lunghi soggiorni estivi passati presso la
torre di Anzio, un'antica torre di avvistamento sul lungomare laziale che lei
affittava di anno in anno oppure presso il monastero abbandonato di Nonza, in
Corsica. Qui, tra ispirazioni quattrocentesche, su tutti il suo maestro ideale
Piero della Francesca, riuniva i suoi amici più intimi per dei veri e propri
sabba basati sul travestimento, sulla fotografia, sulla pittura e sul disegno.
Tra i suoi ospiti Enrico Colombotto Rosso e Dorothea Tanning, moglie dell'amico
Max Ernst.
Dopo gli anni romani, in cui
spiccano i ritratti di Alida Valli (1921-2006) a seno scoperto, di Valentina Cortese,
dell'amica Anna Magnani e di Margot Fonteyn, la pittrice si piegò ad uno stile
diverso, ispirato dalle cosiddette 'figure minerali', in cerca di una
modernità che doveva sempre forzatamente passare attraverso il suo spiccato
carattere figurativo senza dimenticare alcune tappe isolate ma peculiari come
il notevole L'Amicizia (1958) o Le Bagnanti (1959). Tra ispirazioni
preraffaellite e momenti di recupero floreale, gli anni sessanta e settanta
sono dominati da un grande fecondità che però non sempre corrispose ad una
omogeneità di tratti e di scelte.
Una maturità inquieta
Verso la fine degli anni
Settanta, l'artista si fa maggiormente introspettiva, le sue scelte si
spostarono verso tematiche nordiche ispirate anche dal pittore svizzero
Heinrich Füssli e dal britannico William Blake: sono gli anni della cosiddetta
Kinderstube, ovvero la Camera dei ricordi, ove figure femminili
sospese tra la sfinge e la bambola sono circondate da esseri inquietanti e
asessuati. Il rimando all'eros è sempre più evidente, le figure danzano su uno
sfondo scuro opprimente e le composizioni sembrano uscire da un allestimento
teatrale per un'opera di Ibsen.
Dal 1992 la pittrice si ritira in una fattoria di campagna a Saint-Dyé-sur-Loire.
Dal 1992 la pittrice si ritira in una fattoria di campagna a Saint-Dyé-sur-Loire.
Morirà il 18 gennaio 1996 a Parigi e
sceglierà di essere sepolta nel cimitero del paese sulle sponde della Loira:
come ultimi compagni di viaggio vorrà i due uomini della sua vita, Kot e
Stanislao, riuniti in un abbraccio nel piccolo mausoleo a tre che svetta nel
camposanto della campagna francese.
Cimitero di Saint-Dyé-sur-Loire (F)
Il suo legame con il teatro, i
suoi romanzi surrealisti, la sua passione per il disegno e la fotografia, i
suoi tanti amori, il suo essere libera e dissacratoria ma anche il suo
originale concetto di fedeltà e il suo amore per la vita, da sempre così legata
alla madre e così spaventata dalla solitudine, tracciano alfine lo specchio di
una personalità d'artista unica che valica i confini della pittura per
collocarsi di diritto tra i grandi del Novecento.
Intitolazioni e riconoscimenti
Leonor Fini ha ricevuto il San Giusto d'Oro, un tradizionale riconoscimento a personaggi o realtà che si sono distinti per aver dato lustro al nome della città di Trieste in Italia e nel mondo.
L'11 dicembre 2014 il Comune di Trieste le ha intitolato il giardino di Via Boccaccio.
CURIOSITA'
Gastronomia:
Leonor Fini è stata una degli artisti che hanno firmato l'etichetta del Vino della Pace.
Intitolazioni e riconoscimenti
Leonor Fini ha ricevuto il San Giusto d'Oro, un tradizionale riconoscimento a personaggi o realtà che si sono distinti per aver dato lustro al nome della città di Trieste in Italia e nel mondo.
L'11 dicembre 2014 il Comune di Trieste le ha intitolato il giardino di Via Boccaccio.
CURIOSITA'
Gastronomia:
Leonor Fini è stata una degli artisti che hanno firmato l'etichetta del Vino della Pace.
Fonte: wikipedia
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